Un caso complesso di riabilitazione protesica

Il paziente in foto rappresenta un caso complesso di riabilitazione protesica. Il motivo della complessità è dato dalla necessità di una attenta programmazione pre-protesica che tenga conto di quello che sarà l’iter necessario per arrivare alla finalizzazione del caso tenendo ben presente tutte le varianti che la chirurgia implantologica può riservare soprattutto di carattere estetico e valutando le possibili complicanze cui essa può portare e soprattutto gli obblighi cui essa ci fa a volte sottostare.

Il primo scoglio da affrontare è sicuramente, una volta bonificate le aree di intervento, la progettazione di un provvisorio che dia al paziente il comfort di una protesi fissa e al contempo non mini in alcun modo l’integrità dei denti superstiti e che possa inoltre essere rimosso con facilità durante le varie fasi di lavoro.

In questo caso siamo riusciti grazie al gran lavoro di laboratorio, e in particolare di chi ha fatto ceratura e fusione a costruire un supporto che fosse possibile saldare ai suoi vecchi ponti in oro resina, in modo da unirli e poi ad incollare il supporto stesso ai denti del gruppo frontale superiore a mo' di Maryland Bridge, sfruttando i due molari superstiti come appoggio posteriore in quanto già inseriti nei vecchi ponti.

Una volta eseguita la chirurgia impiantare nelle sue varie fasi avendo estrema cura nel preservare la maggior quantità di osso possibile e seguendo le indicazioni date dalle dime chirurgiche preparate in base alle cerature diagnostiche in modo da conseguire la maggiore predicibilità possibile e, raggiunta la maturazione degli impianti, si è passati alla preparazione dei monconi naturali sempre guidata da mascherine preparate ad hoc ed alla successiva presa delle impronte con materiale siliconico usando un portaimpronte individuale che è assolutamente indispensabile per un risultato di qualità. La programmazione pre-protesica aveva previsto una struttura con denti legati agli impianti nel ma al tempo stesso il sistema doveva lasciare aperta la possibilità di smontare il manufatto costruito sugli impianti e che fosse di tipo avvitato per garantire una facile rimozione per le normali pratiche di igene professionale previste dai protocolli di manutenzione.

La parte metallurgica di questo lavoro è stata sicuramente di grande difficoltà vista la precisione necessaria per far combaciare le varie connessioni e soprattutto per far si che le viti di serraggio interne ed esterne si chiudessero in modo del tutto passivo.

La parte ceramica infine eseguita con grande sensibilità dalla ceramista ha tenuto conto di tutta la programmazione precedente l’inizio dei lavori in particolar modo nel ripristino delle corrette curve sagittali ed orizzontali prevedendo quello che sarà ilfuturo articolato inferiore e facendo perciò un molaggio alla parte protesica inferiore che il paziente si riserva di ripristinare per motivi personali nell’autunno prossimo venturo. Inoltre la ceramista ha dovuto bilanciare con estrema accuratezza gli spazi a disposizione costruendo dei denti ben proporzionati tra loro, ben inseriti nel contesto oro facciale e adattando le forme per mascherare gli alloggiamenti per le viti di serraggio. Sono state inoltre necessarie delle prove estetiche fonetiche e funzionali prima della definitiva finalizzazione.

La documentazione di questo caso dimostra come un lavoro programmato con cura ed attenzione ed eseguito seguendo scrupolosamente il progetto iniziale porti inevitabilmente pur trattandosi di un caso complesso a risultati predicibili ed eviti le frustrazioni provocate da esiti non voluti e di scarso valore estetico e funzionale.

Dott. FABIO MARCUZZO